di Ilaria Li Vigni
Pubblicato su Italia Oggi il 31 Gennaio 2023
Esecuzione e rideterminazione pena con magistrati diversi
Introdotta, dalla Consulta, nell’art. 34 c.p.p. nuova ipotesi di incompatibilità per il giudice che. in sede esecutiva abbia provveduto sull’istanza di rideterminazione della pena “illegale”. Con la sentenza n. 7 del 18 gennaio 2022 è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a) codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono che il giudice dell’esecuzione debba essere diverso da quello che ha pronunciato l’ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della pena.
Il Giudice per le indagini preliminari di Verona, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha sollevato, in riferimento agli artt.3 e 111 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 34 comma I e 623, comma 1, lettera a) c.p.p., nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità a partecipare al giudizio di rinvio in capo al giudice dell’esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di rigetto (o di accoglimento) della richiesta di rideterminazione della pena a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, annullata dalla Corte di Cassazione. In via subordinata, il giudice a quo ha sollevato, in riferimento ai medesimi parametri costituzionali, questioni di legittimità costituzionale delle stesse disposizioni, nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità a partecipare al giudizio di rinvio in capo al giudice dell’esecuzione che abbia pronunciato ordinanza di rigetto (o di accoglimento) della richiesta di rideterminazione della pena.
Il rimettente ritiene che, a seguito di annullamento da parte della Corte di Cassazione dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di rideterminazione della pena, non possa essere il medesimo giudice-persona fisica, che si sia già espresso, nell’ordinanza annullata dalla Corte di cassazione, a decidere nel giudizio di rinvio su un aspetto fondamentale, quale è quello della quantificazione della pena, che implica «penetranti poteri di valutazione di merito». Le norme censurate contrasterebbero con l’art. 3, primo comma, Cost., perché, quanto al regime dell’incompatibilità del giudice, determinano una ingiustificata disparità di trattamento tra le fasi della cognizione e dell’esecuzione, ove si tratti di decisioni attinenti alla commisurazione della pena. Inoltre, sarebbe violato anche l’art. 111, secondo comma, Cost., in quanto le disposizioni censurate, nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità per il caso considerato, si porrebbero in contrasto con il principio di imparzialità e di terzietà del giudice.
Con specifico riferimento alla disposizione di cui all’art. 34, comma 1, c.p.p., la Consulta ha affermato che essa «dettando la regola primaria in tema di incompatibilità del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento, delinea una incompatibilità di tipo “verticale” – in senso tanto “ascendente” quanto “discendente” – esclude segnatamente che il giudice che ha pronunciato o concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento possa esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, ovvero partecipare al giudizio di rinvio dopo l’annullamento o al giudizio per revisione» (sentenza n. 224 del 2001). Tale norma, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza della Corte, mira ad assicurare la tutela del principio fondamentale dell’imparzialità del giudice, che è «un aspetto di quel carattere di “terzietà” che connota nell’essenziale, tanto la funzione giurisdizionale quanto la posizione del giudice, distinguendola da quella di tutti gli altri soggetti pubblici, e condiziona l’effettività del diritto di azione e di difesa in giudizio ». Pertanto, le norme sulla incompatibilità del giudice sono funzionali al principio di imparzialità-terzietà della giurisdizione e ciò ne chiarisce il rilievo costituzionale.
La mancata previsione dell’incompatibilità del giudice dell’esecuzione, persona fisica, che abbia pronunciato l’ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della pena, proposta a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale, di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, poi annullata con rinvio dalla Corte di cassazione, confligge, quindi, con entrambi i parametri evocati dal giudice rimettente. Pertanto, gli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), c.p.p. vanno dichiarati costituzionalmente illegittimi, nella parte in cui non prevedono che il giudice dell’esecuzione debba essere diverso – nel senso di persona fisica diversa – da quello che ha pronunciato l’ordinanza sulla richiesta di rideterminazione della pena a seguito di declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, annullata con rinvio dalla Corte di cassazione.