Blindato l’arresto in flagranza

Lo ha deciso la Corte costituzionale a seguito della rimessione del tribunale di Firenze

di Ilaria Li Vigni

Pubblicato su Italia Oggi il 7 Marzo 2023

Tentato furto: questioni di legittimità costituzionale ko

Arresto in flagranza e tentato furto aggravato, non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale. Lo ha deciso la Corte Costituzionale nella recente sentenza n. 41/2022, depositata il 22 febbraio scorso. Il Tribunale ordinario di Firenze aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 380, comma 2, lettera e), c.p.p., nella parte in cui prevede l’arresto obbligatorio di chi è colto in flagranza del delitto di tentato furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall’art. 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, c.p., salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, numero 4), c.p., per contrasto con gli artt. 13 e 3 della Costituzione.

Il giudice a quo ha evidenziato che la pena massima applicabile per il tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose è di anni quattro di reclusione, sicché, in forza dell’art. 280, comma 2, c.p.p., neppure può essere disposta con riferimento ad esso la custodia cautelare in carcere, e ciò a conferma dell’assenza di un correlato particolare allarme sociale provocato dal delitto in esame. Si legge nell’ordinanza di rimessione che non apparirebbe rispettoso della riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost. prescrivere l’obbligatorietà della misura precautelare provvisoria dell’arresto in casi in cui non è possibile la sua conversione nella custodia cautelare in carcere.

Altro profilo di contrasto viene rinvenuto con l’art. 3 Cost. allorquando sia configurabile, per il tentato furto, la causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., prescrivendosi l’arresto obbligatorio da parte della polizia giudiziaria pur quando le modalità della condotta e l’esiguità del danno delineino una offesa di particolare tenuità. Le questioni sono, tuttavia, dichiarate non fondate. La Consulta analizza, preliminarmente, il fondamento costituzionale della disciplina del codice di rito inerente l’arresto in flagranza ed il fermo di indiziato di delitto che risiede nel terzo comma dell’art. 13 Cost.

La norma costituzionale, utilizzando i canoni della eccezionalità, necessità ed urgenza e tassatività, individua le situazioni contingenti che consentono l’adozione di misure provvisorie restrittive dello status libertatis da parte dell’autorità di polizia, non potendosi attendere l’intervento dell’autorità giudiziaria. Inoltre, la Corte precisa che seppure il giudice rimettente ha valorizzato la circostanza che per il reato di cui all’art. 380, comma 2, lettera e) c.p.p. non è consentita, in considerazione del massimo edittale, l’adozione della misura della custodia cautelare in carcere (desumendo da tale rilievo una violazione dei principi di cui all’art. 13 Cost.), lo stesso ha omesso, tuttavia, di considerare che, poiché il reato di tentato furto aggravato dall’uso di violenza sulle cose è punito con la pena della reclusione pari nel massimo a quattro anni, ad esso sono applicabili tutte le altre misure coercitive, compresa quella degli arresti domiciliari. Tale esclusione, tuttavia, non fa venire meno le condizioni in base alle quali la restrizione della libertà personale disposta dall’autorità di pubblica sicurezza sia costituzionalmente compatibile, essendo la misura precautelare suscettibile di trasformazione in una misura cautelare coercitiva, ancorché non di tipo carcerario.

Infine, per quanto concerne l’eventuale applicazione dell’esimente della tenuità del fatto, la stessa prevede una valutazione complessiva e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. Valutazione, questa, riservata al giudice della cognizione all’esito del relativo giudizio ed estranea ai profili che vengono in rilievo in sede di convalida dell’arresto e di successiva, eventuale applicazione di una misura cautelare coercitiva. Per tali considerazioni la Corte dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 380, comma 2, lettera e), del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 13 e 3, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze.